Sono dedicati a Nostra Signora di Guadalupe due insigni santuari in Spagna e in Messico.
In Spagna
Scrive il sito www.santuarimariani.org:
“Il santuario di Nostra Signora di Guadalupe è situato su una collina, a circa 650 m. d’altitudine, e appartiene alla provincia di Caceres. La sua storia è molto antica ed ha del leggendario per la sacra immagine della Vergine col Bambino in braccio, che sarebbe stata scolpita da San Luca e che, per varie mani, dopo Bisanzio e Roma, sarebbe arrivata all’arcivescovo San Leonardo di Siviglia.
Durante l’invasione dei Mori (sec. VIII) fu messa in salvo, nascondendola sotterra presso il ruscello Guadalupe, dove rimase per ben cinque secoli, fin quando il pastore Gil Cordeiro, in seguito ad un’apparizione della Vergine, la ritrovò e la ripose in venerazione in una piccola cappella.
Nel 1337 Alfonso XI (1311-1350), re di Castiglia e di Leon, iniziò la costruzione del santuario e di un monastero nelle adiacenze. I due edifici furono ben presto ingranditi e il santuario divenne il più frequentato di Spagna. Il 14 febbraio 1493, Cristoforo Colombo inviò davanti alla prodigiosa immagine un gruppo di suoi marinai per sciogliere un voto da lui fatto durante uno dei tanti pericoli incontrati nella sua prima traversata atlantica.
Nel 1500 l’interno del santuario fu affrescato e decorato, impiegando molto oro proveniente dalle Americhe e con l’opera dei maggiori artisti italiani, tra cui Michelangelo per un crocifisso che gli viene attribuito. Nel 1879, per la sua importanza artistica, la sua storia e la numerosa affluenza dei pellegrini, il santuario fu dichiarato monumento nazionale. Guadalupe, rimasta sostanzialmente intatta, è una delle testimonianze più complete della fede e dell’arte del periodo più fiorente della Spagna”.
In Messico
La Vergine di Guadalupe è anche un’apparizione mariana della Chiesa cattolica messicana, la cui immagine ha il suo principale centro di culto nella basilica di Guadalupe, sulle pendici del colle Tepeyac, a nord di Città del Messico.
Secondo il racconto noto come Nican mopohua (1556) e altri documenti, nel 1531, la Vergine apparve quattro volte all’indiano convertito Juan Diego Cuauhtlatoatzin e gli ordinò di recarsi dal vescovo del Messico, Juan de Zumárraga, per dirgli di costruire un tempio nel luogo della prima visione. Il vescovo tuttavia fu scettico e chiese delle prove del miracolo. Così avvenne che dopo l’ultima apparizione, per ordine della Vergine, Juan Diego portasse nel suo “ayate” alcune rose che aveva tagliato a Tepeyac. Quando spiegò il ‘mantello’ davanti al presule, mostrò quella immagine che sarebbe diventata uno dei culti più radicati nel Messico e parte della sua identità nazionale.
Fu infatti presente nello sviluppo del Paese fin dal XVI secolo anche nei suoi processi sociali più importanti come l’Indipendenza, la Riforma, la Rivoluzione e nella società odierna conta milioni di fedeli ...
Piccole testimonianze italiche manoscritte
Il culto alla Vergine di Guadalupe di Estremadura ebbe diffusione anche tra gli spagnoli dimoranti in altre nazioni.
1) In Pisa si trova ricordato in una pergamena del 1410 (1409 stile comune) contenente il testamento della signora Lino (sic) abitante in città. Era figlia del fu Giovanni Alfonsi da Siviglia e, inferma di corpo e per grazia di Dio sana di mente, volle provvedere alla salvezza della sua anima. Pertanto dispose:
– di far seppellire nel cimitero delle monache di San Domenico il suo corpo, vestito del loro abito, se ciò le fosse stato concesso;
– di legare ai suoi fratelli Alfonso, Pietro ed Emanuele, un “luogo” (un deposito di denaro con interessi) preso dai sette luoghi che possedeva in Genova sopra l’Ufficio dei Signori Procuratori di San Giorgio. Nel caso però che i fratelli fossero morti, destinò il luogo a Sancia di Martino sua ava materna e a Maria Rodrighies zia materna, e al loro posto, se decedute, alla chiesa di Santa Maria de Guadalupe in Spagna.
– Istituì quindi come erede universale degli altri sei luoghi e dei propri beni il monastero di San Domenico situato nella carraia di Sant’Egidio a Pisa.
Il testamento suddetto fu scritto dal notaio Guaspare di Giovanni "Massiferi" nel parlatorio di San Domenico presenti frate Andrea del fu Giovanni da Palaia e frate Giorgio del fu Antonio da Genova dell’ordine dei Predicatori, Verio del fu Lemmo del Grillo, ser Antonio del fu Dino da Palaia, domino Giovanni del fu Ciolo monaco di San Savino, Piero del fu Lupo da San Giusto chiamato Castrone e Colino del fu Pietro da San Giusto della cappella di San Sebastiano in Chinzica.
2) La seconda testimonianza è del 1535. Si tratta di una pubblica certificazione scritta da Girolamo Heyns notaio di sua maestà cattolica in Brabante (Carlo V d’Asburgo), ad istanza di Bonaventura Micheli, Girolamo Arnolfini e soci e riguardante la dichiarazione di Filippo di Pino da Lucca, che si era trasferito nel porto di Corongne in Irlanda.
Filippo vi si era recato su commissione di più mercanti che in passato in Anversa e nel Regno d’Inghilterra avevano caricato delle mercanzie sopra la nave di Pietro di Liccardo chiamata Santa Maria “de Gadaloupe”, naufragata in Irlanda e approdata a quel porto. L’uomo aveva avuto l’incarico di recuperare le merci, cioè due “pacce” di panni d’Inghilterra, caricate a Londra sulla nave per commissione di Antonio de’ Vivaldi, e marcate con i numeri 9 e 10. Le merci però risultavano prese o perdute: ovvero una pacca era in Irlanda e l’altra era stata tenuta e convertita a suo uso da Pietro di Liccardo.
La certificazione, che ricorda il devoto nome della nave, fu scritta ad Anversa, diocesi “cameracensis” (di Cambrai) nella bottega del notaio “sita iuxta locum Burse Nove”.
Segna come testimoni Pietro Loupo siculo e Matteo Saminiato lucchese, mercanti. Fecero fede in volgare italiano Giovanni Minutuli e Hans Blormari.
Paola Ircani Menichini, 9 maggio 2025. Tutti i diritti riservati.
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FrancesCos ci ha scritto:
“Ad integrazione del suo recente articolo ... il Santuario spagnolo di Guadalupe fu visitato anche da San Giovanni di Dio (1495-1550), iniziatore dell’Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli, come attesta Francisco De Castro, primo biografo del Santo di Granada, nella sua opera Storia della vita e sante opere di Giovanni di Dio:
Capitolo 10
COME GIOVANNI DI DIO SI RECÒ IN PELLEGRINAGGIO A NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE
Essendo Giovanni di Dio occupato in ciò che è stato detto, stando un giorno seduto alla porta dell’ospedale, pensando ai suoi travagli e alle grazie che aveva ricevuto da nostro Signore, guardando verso la campagna, nel giorno delle undicimila vergini, vide passare davanti all’ospedale molta gente a cavallo e molto clero ed altre persone religiose, che portavano ed accompagnavano la salma dell’imperatrice, moglie dell’imperatore Carlo V, la quale era allora passata dalla presente vita, per darle sepoltura nella Cappella Reale di Granata[22]. Informato di che si trattava e stimolato da quel nuovo spettacolo, gli venne una gran volontà di uscire subito dall’ospedale e mettere in opera i suoi buoni desideri, che erano di servire nostro Signore e i poveri e procacciar loro da mangiare, ed accogliere gli abbandonati e i pellegrini, poiché in quel tempo nella città (essendo terra da poco conquistata) non vi era ancora un ospedale dove potessero ricoverarsi.
Con questa determinazione, si recò dal maggiordomo e gli disse: “Fratello, nostro Signore Gesù Cristo vi ripaghi l’elemosina e la carità che mi è stata fatta in questa casa di Dio durante il tempo che vi sono stato infermo. Ora, benedetto sia nostro Signore, mi sento bene e sano per poter lavorare. Perciò, per amor di Dio, datemi, se volete, il permesso di andarmene”.
“Io - rispose il maggiordomo - avrei desiderato che foste rimasto alcuni giorni di più in questa casa per ristabilirvi in salute e riprendere le forze, perché siete molto debole e malandato per le passate sofferenze. Ma poiché è vostra volontà di andarvene, andate, con la benedizione di Dio, e portate con voi una mia dichiarazione, perché la gente che vi vede non vi riporti all’ospedale, credendo che non siete libero dalla malattia sofferta, e possiate andare liberamente dove volete”.
Giovanni la ricevette con ogni umiltà, poiché era contento che tutti rimanessero nell’opinione che si erano fatta di lui, giudicandolo per vero pazzo.
Congedatosi Giovanni di Dio da quelli della casa, i quali l’amavano grandemente, col vestito molto rotto e maltrattato, scalzo e col capo scoperto, si mise subito in cammino verso nostra Signora di Guadalupe[23], e vi andò per visitare la Vergine nostra Signora e renderle grazie degli aiuti e favori ricevuti, e chiederle nuovo soccorso ed aiuto per la nuova vita che intendeva fare, perché diceva di aver sentito sempre il suo manifesto favore ed aiuto in tutti i suoi travagli e necessità.
In questo viaggio patì molti disagi per la fame, il freddo e la nudità, perché, essendo nel rigore dell’inverno e non avendo egli danaro, doveva mendicare per mangiare e andava scalzo[24].
Ciò non ostante, per non andare ozioso, era solito, ogni qualvolta che giungeva in un luogo dove doveva mangiare o fermarsi, di portare un fascio di legna sulle spalle e recarsi direttamente all’ospedale, se vi era, e lasciarlo lì per i poveri, ed andava subito a mendicare quel poco che gli bastava per sostentarsi con molta austerità.
Giunto che fu a Guadalupe, entrò in ginocchio nella chiesa e, con molta devozione e lacrime, presentò a nostro Signore le proprie necessità e gli rese grazie per quanto aveva ricevuto, e si confessò e comunicò; e stette ivi alcuni giorni, dedito all’orazione, fino a quando gli parve tempo di ritornarsene”.
[22] Il Castro dice qui che Giovanni di Dio decise di lasciare l’Ospedale Reale “nel giorno delle undicimila vergini”, ossia il 21 ottobre, festa liturgica di sant’Orsola, martirizzata a Colonia insieme a un numero imprecisato di altre vergini sotto la persecuzione di Diocleziano; giorno in cui sarebbe giunta a Granata la salma di Isabella, moglie di Carlo. La salma della giovane imperatrice, morta a Toledo il primo maggio 1539, però, giunse a Granata il 16 maggio. E siccome questo avvenimento, che fece tanta impressione nell’animo di Giovanni di Dio, è collegato con la sua decisione di uscire dall’ospedale, la data del 21 ottobre è un equivoco preso dal pur tanto diligente autore.
[23] Il santuario di Nostra Signora di Guadalupe con il monastero allora dei monaci girolomini, nella provincia di Cáceres in Estremadura, dista oltre 300 km da Granata.
[24] Secondo quanto è stato osservato nella prima nota, il pellegrinaggio di Giovanni di Dio sarebbe avvenuto non nel rigore dell’inverno”, ma nei mesi caldi: continua l’equivoco sul 21 ottobre.