Il cardinal Gentile, l’imperatore Enrico VII e i cistercensi di San Salvatore a Settimo (1312)
L’antica abbazia di San Salvatore a Settimo sorge a Scandicci poco distante dalla riva sinistra dell’Arno ed è ben visibile con il suo originale campanile anche a chi percorre in treno il tratto da Signa a Firenze.
Visse – il viaggiatore capisce subito dal semplice aspetto – innegabilmente tempi più floridi, che furono soprattutto quelli successivi all’insediamento dei cistercensi di San Galgano del 1236.
Questo perché tali monaci appartenevano a un ordine di stretta osservanza benedettina, protetto da imperatori e papi, titolare di un grande patrimonio fondiario e promotore di vasti programmi di bonifiche di luoghi deserti e paludi, di opere idrauliche, di opifici, di progetti di chiese e abbazie. Ed avevano stabilito ottimi rapporti con la città, come scrisse Robert Davidsohn († 1937), nella Storia di Firenze:
“I Cistercensi di Settimo erano stati sempre trattati con particolare fiducia, anzi con una specie di affettuosità: al tempo del Primo Popolo [1250] erano camerlenghi del Comune, poi divennero custodi della camera delle armi nel Palazzo dei priori e capi del servizio di spionaggio, ma ciò non impedì loro di entrare in amichevoli rapporti con Castruccio [signore di Lucca che assediò Firenze nel 1325] e di ottenere da lui, per andare liberamente a Firenze e lavorare nei loro campi e nei loro mulini, un salvacondotto che egli concesse in cambio di aiuto da dare all’occorrenza alle sue truppe. E sembra che, per questo accordo col nemico, Firenze non movesse neanche un rimprovero al convento” .
“Neanche un rimprovero”: le parole dello storico tedesco fanno sorprendentemente inquadrare i monaci anche al di sopra della faziosissima politica del tempo. Altri documenti danno ulteriori precisazioni.
Correva infatti l’anno 1312 e il glorioso imperatore Enrico VII di Lussemburgo affrontava i fiorentini, che si ostinavano a combatterlo per ciò che rappresentava: un “fantasma del passato, che minacciava ancora una volta di riprendere vita e forma” (sempre il Davidsohn).
Invocato dai ghibellini e da altri fautori, il 6 marzo, a Porto Pisano, Enrico aveva posto “piede su quella terra di Toscana che doveva essergli fatale”. Il 23 aprile si era diretto in Maremma e il 7 maggio era entrato a Roma. Il 25 maggio aveva conquistato il Campidoglio e il 29 giugno ricevuto la corona imperiale. Il 20 agosto aveva lasciato l’Urbe e il 12 settembre era entrato nel territorio di Firenze, come si sentiva in diritto di fare. Il 18 aveva combattuto a Incisa e il 19 si era presentato minaccioso a San Donato in Collina. Quindi aveva posto l’accampamento presso il convento di San Salvi obbligando la città, piena di armati, a prepararsi ad uno scontro epocale ... che non avvenne, perché Enrico a San Salvi indugiò nei suoi propositi e di conseguenza fu sorpreso dall’autunno, dalle piene dell’Arno, dalla difficoltà dei rifornimenti e dalla perdita di alcuni punti strategici tra le fedeli Pisa e Arezzo. Compromessa la spedizione, nella notte tra il 30 e il 31 ottobre tolse l’assedio e con le truppe attraversò l’Arno in piena verso la Val di Pesa e oltre ...
Per Firenze fu la fine di una crisi che interessò la popolazione e anche i cistercensi di Settimo, poiché risulta come a modo loro si fossero mossi per la propria salvaguardia. Tra giugno e ottobre infatti avevano ottenuto due ‘concessioni’ tramite due pergamene scritte da eleganti mani di cancelleria.
1) Il 7 giugno, quando Enrico non era ancora stato incoronato, ebbero un privilegio dal cardinale Gentile da Montefiore (Ascoli Piceno), francescano, influente nella corte pontificia, già legato in Ungheria, ora a Lucca in quanto precettato per il trasporto del tesoro pontificio – ... e forse malato perchè sarebbe deceduto in città il 27 ottobre.
La sua missiva riguardava una questione di prosaica di tasse-contributi. Dice:
“Frater Gentilis miseratione divina tt. sancti Martini in Montibus presbiter cardinalis apostolice sedis legatus. Religiosis viris ... abbati et conventui monasterii de Septimo ordinis cisterciensis florentinae diocesis salutem in Domino. Pridem ad supplicis petitionis instantiam discretorum virorum magistri Petri vicarii et (***) procuratorum cleri florentini ad contribuendum cum eis in procurationibus nostris, quas sibi imponendis duximus, vos per nostras certi tenoris litteras dedimus ad nitores. Cum itaque sicut nuper nobis exponere curavistis, super contributione huiusmodi cum eis minime impedenda inter vos ex una parte et dictum clerum ex altera in romana curia questio ventiletur. Nos nolentes ut per contributionem ipsam (***) vestro in hac parte preiudicium aliquod generetur vos et monasterium vestrum quantum ad nos spectat ab impositione facta vel facienda vobis per vicarium ante dictum prefata nostra concessione per dictas litteras ei facta non obstante tenore presentium reddimus absolutos. In cuius rei testimonium presentes vobis litteras fieri fecimus et nostri sigilli appensione muniri. Datum Luce VII id. iunii pont. domini Clementis pp. quinti anno septimo”.
Frate Gentile per misericordia divina cardinale presbitero dal titolo di San Martino ai Monti legato della sede apostolica.
Ai religiosi uomini abate e convento del monastero di Settimo dell’ordine cistercense, diocesi di Firenze, salute nel Signore. Da tempo all’istanza nelle supplici petizioni dei discreti uomini maestro Pietro vicario e (***) (sic) rappresentanti del clero fiorentino, per contribuire con loro alle nostre procure che valutiamo imporre, vi facciamo sapere che abbiamo dato chiarimenti con la nostra lettera di certo tenore. Di conseguenza, così come di recente avete avuto cura di spiegarci circa un contributo di tal genere, tra voi da un lato e il suddetto clero dall’altro, da ostacolare del tutto, è stata ventilata la questione in Curia Romana. Noi, non volendo che dalla stessa contribuzione possa esser causato danno, nonostante gli eventi del momento, prosciogliamo voi e il vostro monastero per quanto ci spetta dall'imposizione fatta o da farvi dal predetto vicario, secondo la nostra concessione fattagli per la dette lettera. In fede abbiamo fatto redigere e apporre il nostro sigillo alla presente lettera. Da Lucca il 7 giugno, nel settimo anno del pontificato del signor Clemente papa V.
2) Il 27 ottobre i cistercensi ebbero una lettera di protezione per San Salvatore dall’imperatore, prossimo a lasciare il campo di San Salvi. Dice:
“Henricus Dei gratia romanorum imperator semper augustus universis sacri Imperii fidelibus ad quos presentes pervenerint gratiam suam et omne bonum. Licet ecclesias singulas et monasteria locque religiosa propter reverentiam maiestatis Altissimi cordis sinceritate colamus, ad venerabilem tamen cisterciensem ordinem, qui reverendos viros et magna ipsius sancte religionis honestate conspicuos in se habet dinoscitur specialem devotionem habentes vobis universis et singulis sub nostre indignationis et qualibus alia pena quam vobis vellemus infligere districte precipiendo, mandamus quatenus cum nos dictum ordinem cum membris locis personis et bonis suis sub nostra protectione susceperimus, ipsumque benevolentie nostre favoribus prosequamus monasterium sancti Salvatoris de Septimo dicti ordinibus florentine diocesis quod sub dicta nostra protectione consistit et consistere volumus, non presumatis in personis vel bonis suis quibuscumque quomodolibet molestare. Datum in castris ante Florentiam VI kal. novembris regni nostro anno quarto imperii nostro primo” (cfr. F. Bonaini, Acta Henrici VII ...).
Enrico per grazia di Dio sempre augusto imperatore dei Romani, a tutti i fedeli del Sacro Impero, ai quali pervenga la presente, la sua grazia e ogni bene.
Sebbene noi veneriamo con sincerità di cuore le singole chiese e i monasteri e i luoghi religiosi per rispetto alla maestà dell’Altissimo, tuttavia riguardo al venerabile ordine cistercense, che ha uomini reverendi e cospicui e aventi speciale devozione a grande onore della stessa religione, a voi tutti e a ciascuno, sotto pena la nostra indignazione e di altre pene che vorremo infliggervi e prescrivere severamente – poiché abbiamo preso il detto ordine con i suoi membri, luoghi, persone e beni sotto la nostra protezione e continuiamo a farlo con i favori della nostra benevolenza –, comandiamo che il monastero di San Salvatore a Settimo del detto ordine nella diocesi fiorentina resti sotto la nostra protezione e che tale vogliamo resti; e che non presumiate di turbarlo in alcun modo in qualsiasi persona e bene.
Dato nel campo davanti di Firenze il 27 ottobre, nel quarto anno del nostro regno e nel primo anno del nostro impero.
Paola Ircani Menichini, 25 agosto 2023.
Tutti i diritti riservati.
L'articolo in «pdf»